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Le bufale volontarie

Qualche volta, in verità, può esserci qualcuno interessato a mentire. Qualcuno che, conoscendo bene l’ambiente dei media e il modo di lavorare di chi ne fa parte, è così abile da trarre in inganno gli addetti alla verifica e alla diffusione delle notizie.

Per esempio  quest’operazione può essere effettuata a fini di scherzo (le teste Modigliani), o di provocazione (per mostrare quanto sia facile penetrare  nel sistema dei media: Blissett) o di esperimento scientifico (sognifero) o più raramente a scopo di marketing.

Questi “induttori” di bufale incontrano in ogni caso meno difficoltà dei legend makers.  Le leggende sono storie false quanto le bufale, ma si trasmettono per via orizzontale, e non verticale: una differenza fondamentale.Per diffondere una leggenda non basta ingannare un giornalista di un'agenzia di stampa ma è necessario infatti riuscire ad attivare un passaparola capace di autoalimentarsi. E questo è evidentemente più complicato,Anche quando si tratta di procedere alla loro smentita le differenze sono enormi.

Più frequentemente,però, le bufale volontarie sono i fatti, le notizie o le storie che i grandi media diffondono, pur sapendo benissimo  che sono false. Lo fanno per "colpire" il loro  pubblico.

 Le occasioni per cui un organo di informazione può comunque decidere di  avventurarsi su questo scivoloso territorio può accadere:

a) Per fini politici, con l’obbiettivo di sollevare un polverone (ad es. in prossimità delle elezioni, tirando fuori una bufala sul conto di un candidato che intende attaccare);

b) Per aumentare gli ascolti (o le tirature), con una bufala che assicuri un grosso scoop: lo fanno con una certa frequenza i giornali sportivi    che danno per avvenuto l’acquisto o la cessione di un calciatore di fama, e i tabloid centrati sul gossip.

c) Per obbiettivi di marketing: mediante i cosiddetti “redazionali”, si   possono comunicare notizie  “positive” su un prodotto, o “negative” sui suoi concorrenti. Le bufale di questo tipo  sono quelle che hanno più possibilità di farla franca e, come molte leggende,  sono oggi considerate elementi essenziali di quello che viene definito marketing occulto (hidden marketing).

Se le bufale involontarie sono già poco frequenti (esiste tutta una serie di filtri che tendono a salvaguardare gli addetti ai lavori da infortuni del genere), le bufale volontarie va precisato che costituiscono un evento ancora  più  raro.

Il perché è evidente. Nel progettare a tavolino una bufala da dare in pasto all’opinione pubblica, il giornalista (e/o l’editore) sanno in anticipo che, nel caso venissero  scoperti, oltre a perdere credibilità,andrebbero incontro a conseguenze piuttosto pesanti sul piano giuridico: dalle eventuali pene pecuniarie connesse a un  risarcimento, fino alla condanna penale. Senza contare il gravissimo  danno d’immagine. E sanno, inoltre, che le possibilità di passarla liscia sono  scarse.

L’effetto-boomerang di una bufala volontaria è tanto più forte, quanto più la bufala è grossa. Sia i bersagli della bufala, sia gli organi d’informazione concorrenti, che non hanno dato la notizia (e non potrebbero averlo fatto, essendo essa falsa!) si avventano contro i suoi autori, obbligandoli a smentirla.  

Pubblicare una bufala è pericoloso solamente 364 giorni su 365. C’è un giorno in cui i media possono sbizzarrirsi producendosi in bufale volontarie di ogni genere, senza correre alcun rischio: il primo aprile. Il giorno dopo (il due di aprile)  lo stesso giornale, smentendo la propria bufala, può addirittura vantarsene, riportando le reazioni di quanti ci si sono cascati.

Accanto a questo gioco ad armi pari con il pubblico (tutti sanno cos’è un pesce d’aprile, e che il primo aprile si rischia di abboccarvi), a volte i media se ne concedono un altro, piuttosto discutibile.

Welles,  Minoli, Fede, ecc.   

Questo tipo di bufale volontarie  non dimostrano che i media possono farci credere di tutto: se infatti, dallo  spazio (anche fisico: dallo stesso studio radio-televisivo) quotidianamente destinato all’informazione un’emittente autorevole decide di erogare una notizia falsa, perchè mai il pubblico non ci dovrebbe credere? Se sono confezionate con lo stesso linguaggio, e mandate in onda allo stesso modo (dalle stesse persone, e alla stessa ora),  le notizie  false sono ovviamente indistinguibili da quelle vere.

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